Luigi Di Maio ha ricominciato a girare in lungo e in largo i territori. Cerca di tastare il polso. Incontri con attivisti, meetup e confronti serrati. Un tentativo di dare un segnale alla base grillini.
Spiegare, riflettere insieme, tentare una difesa del suo arroccarsi e chiudersi. Poi la promessa di riorganizzare il Movimento 5 Stelle, renderlo più collegiale e stare accanto e accompagnare i gruppi sui territori. È una traversata nel deserto.

Lui è abile, parla, convince, appare preparato su tutto, non tralascia nessun dettaglio e più che altro dà la sensazione di seguire tutto. Ma per placare l’onda di malumore e contestazione sui territori e tra i parlamentari pentastellati solo questo non basta.
C’è la netta sensazione che un pezzo di Movimento è bello che andato. E al momento della decisione in assemblea con i parlamentari le idee, le proposte e la linea del leader non passa.
È il caso dell’Emilia-Romagna e Calabria. Le tensioni interne al Movimento preoccupano e tolgono il sonno a Luigi Di Maio che ha riunito alla Farnesina ministri e sottosegretari pentastellati, chiedendo loro di fare quadrato attorno a lui.

Preoccupazione giustificata visto che i dossier interni, a partire dalla decisione sulla regionali, rischiano di generare ulteriori divisioni nel Movimento e nei gruppi parlamentari.
A tal proposito il capo politico del M5s ha anche incontrato i parlamentari di Emilia Romagna e Calabria per decidere se presentarsi alle Regionali di gennaio, ma non si è trovato un accordo anzi sono aumentate le distanze.
A un certo punto della discussione Di Maio ha rivendicato che la decisione finale in ogni caso spetta “al capo politico”.
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