Il razzismo, soprattutto in sociologia, è facilmente spiegabile con definizioni accurate sulla disuguaglianza, teorie basate sul pregiudizio che esistano razze superiori e razze inferiori. Una propensione dunque, a ritenere usi e costumi migliori rispetto ad altre comunità.
Una fobia che può avere cause storiche come il dominio coloniale, atto a giustificare lo sfruttamento di territori, motivi economici che “autorizzano” il pensiero frustrante che un’altra collettività è la causa del proprio malessere (Hitler vi ricorda qualcosa?), cause culturali con pregiudizi connessi all’integralismo religioso o politico che tendono a non accogliere differenze e a ghettizzare di conseguenza ogni forma di diversità e mille altre definizioni ognuna utile e importante.
Insomma, se vogliamo tradurre il concetto di razzismo in spiegazioni accessibili, potremmo parlare da qui a domani. Può addirittura esistere, e perché no, una spiegazione in termini sessuali. Apriti cielo. L’idea anch’essa implicitamente culturale e radicata nel nostro inconscio (senza scomodare psicoanalisi freudiane) che l’altro sia più dotato di noi.
Avete letto bene, dotato. Ammettiamo che possa apparire semplicistica come spiegazione, ma è davvero così impensabile, in un’analisi di natura quasi antropologica, ritenere che non ci sia un file rouge tra invidia sociale e vigore sessuale in alcune determinate forme di razzismo?
Una persona di colore scura è ancestralmente immaginata come sessualmente più dotata di una persona bianca; che sia vero o meno al momento non importa, il punto del ragionamento sta nell’immaginare una definizione che vede il razzismo come forma di ignoranza generata dall’insicurezza e dal depotenziamento della propria virilità se confrontato con le dotazioni fisiche degli altrui apparati muscolari.
Vi assicuro che non siamo impazziti, non ancora, è in realtà la cultura moderna che porta a immaginare anche scenari mentali di questo tipo. In una era così globalizzata in cui le informazioni sono accessibili davvero a tutti, il pensare ancora in modo insofferente nei confronti di altri non sempre può avere radici storiche ma talvolta può anche manifestarsi, semplicemente, in una forma di sudditanza psicologica (o meglio, complesso di inferiorità) verso chi, nonostante eventuali arretratezze in termini di risorse economiche e sociali, è esteticamente più piacevole, più radioso e più capace di far proseguire la specie godendo di una forma fisica e mentale predisposta alla solarità, alla condivisione del piacere, e semplificando, alla sessualità.
In uno stato di precarietà delle opportunità intese come incapacità di godersi la vita liberamente, ora per stacanovismo, ora per condizionamenti da climi ostili, ora per rivalità in senso generico, accade quindi che attori sociali, seppure talvolta dotati di lauree, siano sprovvisti di quelle astratte competenze che garantiscano loro (e nessun libro questo lo insegna) di essere più predisposti alla bellezza con tutti i suoi sottoinsiemi. Se in modo quasi farsesco abbiamo pensato che un uomo di colore viene invidiato e quindi odiato perché ha genitali più importanti, stessa cosa accade, in un paradosso quasi metafisico, per alcuni del nord Italia che, nel 2020, ancora cercano di evidenziare gli stereotipi sul sud, nello specifico su Napoli e su napoletani.
Sia ben chiaro, diciamolo per i polemici, Napoli ha i suoi difetti, le sue tracotanze, le sue violenze e bla bla bla, ma questo coronavirus sta mettendo in atto con le mille sfaccettature della comunicazione, una possibile spiegazione di questo costante tentativo di infangare la città di Napoli. E se fosse invidia sociale? Se fosse invidia sessuale?
Se fosse quella interna e quasi inspiegabile rabbia dovuta al fatto che lì, in quella “terra del malaffare” c’è la bellezza in senso lato, ci sono le bellissime ragazze e i bellissimi ragazzi che sanno come vivere (e come sopravvivere) mentre i taluni idioti nordici (più pochi forse di quanto si creda) non riescono a ottenere queste gratifiche (ora per motivi fisici ora semplicemente per mancanza di apertura mentale).
La provocazione è ovvia, ma nemmeno poi tanto lontana da una possibile verità. L’invidia della bellezza, che essa sia sensualità estetica, letteraria, paesaggistica, sessuale, è di sicuro presente in chi ancora prova ad odiare Napoli, per il semplice motivo che ritiene (pur senza saperlo consciamente) di non avere le stesse opportunità.
Un pensiero sbagliato perché l’Italia è bella ovunque a sud come a nord, e questo lo sanno bene le persone intelligenti che abitano nel settentrione dello stivale italico, e che non si fanno il problema di odiare, perché sanno godersi la propria esistenza senza alimentare un odio interiore così profondo.
Sono quelli dall’accento nordico che, seduti a tavola con chi ha l’accento napoletano, non pensano a decifrare correttamente le proprie sintassi dialettiche, né, sicuri di sé, spendono il tempo a misurazioni subliminali dei propri apparati ma pensano a mangiare e godersi la giornata di sole. Tutto il resto, convinciamocene, è invidia.
Amedeo Zeni