Omicidio Cerrato, l’accusa chiede quattro ergastoli: “Hanno compartecipato al disegno delittuoso”

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Aula 116 Corte d’Assise del Tribunale di Napoli. Ore 9 e 45 comincia e termina dopo 5 ore la requisitoria per l’omicidio di Maurizio Cerrato con la richiesta da parte del pubblico ministero Giuliana Moccia di carcere a vita per i quattro imputati. È un racconto attento, dettagliato, scrupoloso dei fatti accaduti quel maledetto pomeriggio del 19 aprile 2021 in cui a seguito di una lite Maurizio Cerrato, 61 anni, custode del Parco Archeologico di Pompei, viene colpito con una coltellata sferrata – come stabilirà la perizia medica – con immane violenza a tal punto che la lama giungerà a una profondità di dieci centimetri recidendo la orta discendente.

Un marito, un padre di famiglia, ucciso per avere difeso la figlia che aveva parcheggiato l’automobile in via IV Novembre a Torre Annunziata, un tratto di strada che la famiglia criminale Scaramella riteneva di propria proprietà.

Da successivi accertamenti è emerso che quella famiglia era solita, da almeno 12 anni, parcheggiare in quel tratto di strada, proprio accanto alla loro abitazione, vietando a chiunque di lasciare l’automobile e occupando la sede stradale con delle sedie, fioriere e pietre. La banalità del male che poteva essere evitato se solo ad esempio la polizia municipale, l’amministrazione comunale avesse difeso la ‘cosa pubblica’.

Solo qualche settimana fa, la terna di commissari prefettizi che amministrano il grosso comune alle porte di Napoli hanno fatto installare paletti e dissuasori a destra e sinistra in quella strada. La Procura di Torre Annunziata guidata dal procuratore Nunzio Fragliasso e con il pubblico ministero Moccia ha chiesto per i quattro imputati la condanna al carcere a vita, interdizione legale, interdizione perpetua ai pubblici uffici, decadenza dalla responsabilità genitoriale e pubblicazione con affissione della sentenza nei comuni di Napoli e Torre Annunziata.

L’elemento al centro della discussione da parte dell’accusa è il contesto in cui è maturato l’atroce delitto, la compartecipazione, la dolosità dell’azione criminale, l’istigazione e l’agevolazione affinchè l’omicidio si consumasse.

Non c’è alcuna distinzione – ha sottolineato il pubblico ministero – tra chi materialmente ha sferrato il fendente assassino e chi ha collaborato e condiviso lo stesso intento. Per l’uccisione di Cerrato sono a processo i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella, entrambi detenuti e accusati di aver organizzato e istigato la spedizione punitiva, oltre a Francesco Cirillo (ai domiciliari ma autorizzato ad essere in aula) padre di Antonio, reo confesso, che era nel gruppo dei quattro ed aveva aiutato ad accerchiare la vittima, secondo l’accusa.

Giorgio Scaramella, in particolare, è emerso nel corso delle indagini e del dibattimento che è stato il dominus per condurre gli altri soggetti a consumare la vendetta omicidiale di Cerrato. Con il fratello Domenico nell’immediato dei fatti ha messo in campo una sorta di strategia di depistaggio per addossare poi le colpe per interno al reo confesso Antonio Cirillo.

Lo stesso Domenico Scaramella addirittura ha inventato di sana pianta che avrebbe soccorso Cerrato perchè pensava che il suo malore era dovuto a un infarto e sarebbe intervenuto con un massaggio cardiaco non accorgendosi della ferita della lama e della fuoriuscita di sangue.

Bugia clamorosa perchè i carabinieri troveranno nella lavatrice durante una perquisizione domicilaire la sua tuta che indossava al momento del delitto. Tracce di sangue saranno rinvenute dai ris dei carabinieri sulla fiancata di un’auto dove il Cerrato si era pggiato dopo essere stato attinto dal fendente.

In aula erano presenti, per la famiglia Cerrato, come in quasi tutte le udienze, visibilmente affrante, la vedova e la figlia della vittima, rappresentate dall’avvocato Giovanni Verdoliva. C’erano le parti civili della fondazione Polis e comune di Torre Annunziata e gli avvocati Antonio de Martino, Antonio Rocco Briganti e Antonio Iorio che difendono gli imputati. Si continua domani e poi il prossimo 21 marzo, giorno in cui il presidente della seconda Corte d’Assise di Napoli, Concetta Cristiano, prea di consiglio e la sentenza.

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