Come la possiamo ottenere la ‘certezza della pena’ per chi delinque se non siamo nemmeno in grado di sistemare la situazione carceraria?
Gli ultimi dati parlano chiaro: al 26 marzo 2019 su 46.904 posti regolamentari disponibili nei 191 istituti di pena italiani, erano presenti 60.512 detenuti, ossia 13.608 in più rispetto alla capienza regolamentare, con un sovraffollamento del 129 per cento (Dati Garante Nazionale per le persone detenute).
Nel dibattito sugli ultimi eventi di cronaca avvenuti in Campania e che vedono, nel caso della camorra, un ritorno della violenza omicida e dei reati annessi ai nuovi sistemi della criminalità organizzata, è necessario tenere conto di questo problema, anche solo per evidenziare che all’origine di ogni riflessione c’è sempre l’incapacità del governo nazionale di organizzare con scientifica serietà un piano di contrasto ai i fenomeni criminali.
L’incuria organizzativa e la demagogia impediscono la stesura di interventi concreti, tacendo soprattutto in merito alle centinaia di strutture in disuso sul territorio nazionale che potrebbero essere convertite in istituti penitenziari.
L’impressione è quella di una necessità di limitarsi allo ‘spot’ politico per accaparrarsi il consenso elettorale senza tenere minimamente conto che in questo, così come in molti altri casi, la gestione dei fondi deve essere organizzata in modo piramidale e utile come già accade in molti paesi civilizzati.
Processi infiniti, burocrazie surreali, tempi biblici per poi ritrovarsi al punto di partenza. Un cane che si morde la coda, a spese nostre.
Lo spreco delle risorse economiche e la mancata ottimizzazione delle stesse disponibili, allontanano sempre di più la possibilità di ottenere risultati consistenti per beneficiare di miglioramenti sostanziali ed ecco dunque che a pagarne le spese è, come sempre, la serenità della collettività.
Un problema che vede da un lato l’impossibilità di favorire un percorso dignitoso dei detenuti e un loro reale programma di reinserimento nella società (sono 64 i casi di suicidio in carcere soltanto nel 2018, e 10 dall’inizio del 2019), dall’altro l’effettiva difficoltà da parte della magistratura di garantire con matematica immediatezza la pena per chi commette illeciti pericolosi per la collettività.
Un vero disastro se pensiamo anche ai casi estremi: attualmente in Italia i detenuti in regime del 41 bis sono 752, 263 dei quali solo per camorra, e in considerazione del possibile aumento di richieste del 41 bis, rischiamo di ritrovarci in un paradosso dove soggetti pericolosi posso beneficiare del problema causato dal poco spazio disponibile nelle attuali strutture.
Un’emergenza che dura ormai da anni, troppi anni, come dimostra l’analisi del Sociologo Amato Lamberti che nel 2006 già spiegava con maggiore chiarezza il concetto nel suo libro ‘Lazzaroni, Napoli sono anche loro’. Graus Editore .
“Non se ne parla mai, ma la situazione carceraria presenta, in Italia, da anni, aspetti paradossali che provocano conseguenze disastrose. I posti disponibili nelle carceri sono del tutto insufficienti rispetto alla popolazione carceraria. Il risultato è un sovraffollamento diventato ormai strutturale, che come prima conseguenza, comporta una difficile e spesso problematica gestione dello stabilimento penitenziario, come si diceva una volta”.
“Come seconda, non meno importante, conseguenza, il sovraffollamento costringe i magistrati di sorveglianza a un uso anche improprio delle misure alternative sulla base di una valutazione elastica della pericolosità del soggetto. In pratica, se non ci sono posti in carcere perché la popolazione dei detenuti è già largamente eccedente rispetto a quella prevista e si sono anche consumate tutte le possibilità di stivaggio in soprannumero nelle celle, quando si presenta una esigenza indifferibile di carcerazione, diventa necessario trasformare qualche detenzione in arresti domiciliari per creare posti in carcere” – spiega profeticamente Lamberti -.
“Naturalmente questo impone che la pericolosità del soggetto o dei soggetti da scarcerare venga in qualche modo, per così dire, derubricata. Di fronte a questa situazione che imporrebbe, diciamolo senza troppi giri di parole, la costruzione di nuove carceri e la messa a disposizione della magistratura di un numero di ‘posti’ in carcere adeguati almeno ai tassi di delittuosità del nostro Paese, l’atteggiamento di tutte le forze politiche è stranamente reticente”.
“Come se tutti avessero paura ad aprire un dibattito serio sulla questione delle carceri, anche a partire da posizioni teoriche differenti e magari inconciliabili – sottolinea il sociologo -. Nella patria di Beccaria o dopo le analisi di Michel Foucault ci rendiamo conto che su questo tema non sono possibili posizioni semplificate. Ma un dibattito va aperto, magari a partire dalle posizioni del gruppo di Antigone, di cui faccio parte, che sostiene la necessità del superamento del carcere, come istituzione totale di annullamento dell’identità e della dignità del recluso”.
“La situazione attuale non è sostenibile neppure da questo punto di vista, perché il sovraffollamento produce anche degenerazioni a livello di personalità oltre che di comportamenti e, sicuramente, rende impraticabile ogni percorso di recupero e di futuro reinserimento”.
“È inutile che parlamentari, sottosegretari e ministro dell’Interno, oltre ad amministratori locali e regionali, continuino a parlare di certezza della pena, quando sono disponibili meno di un terzo dei posti in carcere che sarebbero necessari per realizzare questa certezza e per dare dignità, oltre che ai detenuti, anche all’apparato carcerario” – conclude con amarezza Amato Lamberti – .
Amedeo Zeni