I capezzoli di Carola Rackete e la vergogna giornalistica

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“Carola Rackete senza reggiseno in Procura”. È questa l’ultima, straordinaria, inchiesta di Libero.

Il titolo è già evocativo, ma nel testo ci sono ulteriori dettagli che cambieranno la storia del nostro Paese.

Il problema non sono i reati di cui è accusata la capitana della Sea Watch, ma i capezzoli che si intravedono dalla maglietta nera.

Senza entrare nel merito dei reati, per i quali la capitana risponderà ai Magistrati, la colpa, secondo il quotidiano di cui è direttore editoriale Vittorio Feltri, è quella di non aver indossato il reggiseno.
Una colpa mostruosa, degna della pena di morte.

Una grande inchiesta. E da questa inchiesta il via ai commenti, sul web, sessisti e volgari verso la capitana.

Bisogna aprire una grande discussione sull’essere giornalista oggi.
Ci sono dei limiti giornalistici e sono, lo ribadiamo, il rispetto della persona, della sua dignità, del suo rimanere “essere umano”.

Andiamo oltre Feltri (per la cui radiazione dall’ordine hanno firmato più di centomila persone). Affrontiamo un tema che è quello della dignità umana. Lo chiediamo all’Ordine, al Sindacato, alle associazioni.

È arrivato il momento di guardarci profondamente dentro.

Restiamo umani, al di là delle nostre legittime idee e convinzioni politiche.

Abbiamo una grande responsabilità: quella di informare i cittadini.

Paolo Borrometi e Sandro Ruotolo

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