È pieno autunno nel Movimento 5 Stelle. Cadono le foglie e le speranze. Il vento del cambiamento, dell’onestà, dei valori, della trasparenza e dell’uno vale uno non soffia più da mesi.
Il clima è di un generale rompere le fila. Basta considerare che la votazione del 25 e 26 luglio scorso indetta sulla piattaforma Rousseau sul ‘Mandato zero’ e la ‘nuova riorganizzazione del Movimento’ ha visto la partecipazione di appena 25.445 iscritti su di un totale di oltre 100mila.
Alla fine un solo iscritto su sei dice si alla ‘rivoluzione interna’ ordinata da un sempre più smarrito Luigi Di Maio. La sensazione è di una leadership non più blindata e tra i grillini ormai la discussione sul tema della corsa al dopo Di Maio non è più un tabù.
C’è la realtà opprimente di un Movimento andato al 32 per cento dei consensi per poi perdersi nel corso delle elezioni regionali ed europee. I sondaggi stabilmente attestano la forza elettorale del M5S a 17/18 per cento.
Il 50 per cento del consenso i Pentatellati lo hanno dilapidato in un drammatico anno di governo dove la Lega di uno scatenato Matteo Salvini ha giganteggiato.
Restano i cocci di una esperienza politica che ha avuto il merito di riportare la gente ad interessarsi della cosa pubblica al di là delle appartenenze.
Il contratto di governo e l’alleanza con la Lega hanno nei fatti chiuso una fase del Movimento 5 Stelle. Lo stesso Beppe Grillo si è inesorabilmente allontanato.
A dare il senso di confusione e implosione ci sono le dimissioni a sorpresa di Massimo Bugani – volto storico dei 5 Stelle, presente nelle battaglie grilline fin dai primi passi -. Bugani lascia il ruolo di vicecapo della segreteria particolare a Palazzo Chigi.
In pratica è rottura con Luigi Di Maio. Bugani è la cinghia di collegamento con Davide Casaleggio, visto che è socio di Rousseau, oltre che consigliere comunale a Bologna. Oltre a lasciare il posto a Palazzo Chigi ha lasciato il coordinamento del Movimento in Emilia-Romagna.
“È iniziato tutto – racconta – dopo la mia intervista al Fatto del 19 giugno, in cui auspicavo unità nel Movimento e sostenevo che Di Maio e Di Battista non sono alternativi ma complementari. Poche ore dopo mi chiesero di non rilasciare più interviste e non capisco perché, visto che io non volevo certo mettere in difficoltà Luigi”.
L’intervista nella sostanza ammette che tra Di Battista e Di Maio, i rapporti non sono buoni, anzi. “Nel giro di qualche giorno mi hanno fatto sapere che il mio stipendio da vicecaposegreteria sarebbe stato dimezzato per contenere le spese: da 3.800 a 1.600 euro. Ma io non sono aggrappato ai contratti e allora ritengo doveroso dare anche le mie dimissioni”. Il segnale che arriva da Bugani non è isolato.
Troppe critiche interne e insofferenze verso un Di Maio che lascia campo aperto a Salvini. E Luigi Gallo, deputato M5S e presidente della Commissione Cultura e proconsole del presidente della Camera Roberto Fico e quindi degli ortodossi scrive su Fb: “Abbiamo un ministro dell’Interno pericoloso per gli italiani”.
Pier Paolo Milanese