Il Movimento 5 Stelle rischia di andare in pezzi. Altro che festa dei 10 anni dei Pentastellati alla Mostra d’Oltremare a Napoli. Ieri è andata in scena una vera e propria rivolta contro la leadership di Luigi Di Maio.
Il capo politico in un confronto serrato con l’assemblea dei senatori è stato contestato duramente. Forse per la prima volta gli è stato urlato in faccia tutto il disapputo e la rabbia che nei mesi si è accumulata. Settanta senatori grillini su centotré hanno messo in discussione la sua leadership.
Le posizioni sono due, ma nel mirino c’è sempre la stessa persona: il ministro degli Esteri. Contestano a Di Maio aversi ritagliato il ruolo di ministro degli Esteri ovvero il fatto che nelle trattative ha tutelato se stesso senza guardare all’interesse generale del Movimento e la posizione di capo politico inteso come un piccolo Cesare.
Un imperatore che decide, fa e disfa a piacimento le posizioni dei 5 Stelle. Manca collegialità, manca il confronto, manca la consultazione con la base e tenendo conto delle varie anime grilline.
Insomma, Di Maio non può fare quello che vuole, dev’essere affiancato da un comitato di 10 compreso Beppe Grillo e progressivamente dev’essee cancellata la figura del capo politico dallo statuto del Movimento, per “una condivisione corale delle scelte politiche”.
A tal proposito è stato redatto un documento al termine della riunione di Palazzo Madama dove si mettono in discussione i punti 5 e 7 dello statuto, quelli che parlano del ruolo del capo politico, figura nata dopo il passo di lato di Beppe Grillo con la conseguente incoronazione di Di Maio due anni fa, nella kermesse Italia a 5 Stelle di Rimini.
È noto anche il litigio tra l’attuale presidente della Camera Roberto Fico e lo stesso Di Maio. Si arrivò a un passo dalla rottura. Proprio gli ortodossi ieri pomeriggio hanno dato battaglia: Barbara Lezzi, Nicola Morra, Alberto Airola e Mario Giarrusso.
Quest’ultimo tra i più arrabbiati dei senatori. È stato chiesto a Di Maio di convocare tutti gli iscritti del M5S su Rousseau per mettere mano allo Statuto. I margini sono esili.
Forse per la prima volta i Pentastellati rischiano di andare in pezzi. Di Maio si aspettava qualche attrito ma non immaginava queste dimensioni.
Dicevamo che chi ha rotto gli argini è il senatore Giarrusso: “Di Maio lasci tutti gli incarichi. Chiediamo a gran voce un intervento di Beppe Grillo. Devono raccontarci per filo e per segno come mai abbiamo mandato a quel paese 6 milioni di elettori. Finché non chiariranno quanto è successo nell’ultimo anno e mezzo, non abbiamo bisogno di ulteriori ambiguità”.
Pier Paolo Milanese