È una attraversata nel deserto. Ciò che accade o meglio che non accade nel Movimento 5 Stelle è destinato a condizionare la vita del Governo.
Luigi Di Maio è in bilico. In discussione oltre la sua leadership ci sono i 14 mesi trascorsi a Palazzo Chigi come vice premier e da ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico.
I provvedimenti adottati e spacciati come ‘rivoluzionari’ alla prova dei fatti si stanno rivelando : pasticciati, inefficaci e privi di una filigrana.
Lo stesso premier Giuseppe Conte, ieri sera, nel corso della trasmissione Porta a Porta a una precisa domanda di Bruno Vespa ha risposto : “Il Movimento è in una fase di transizione e riorganizzazione. Cambierà l’assetto e saranno nominati dei delegati. Piano piano le cose si stabilizzeranno”.
Praticamente Conte ammette che i contrasti, le lotte interne e il barcollare della leadership nel Movimento può ed ha ripercussioni sull’Esecutivo. Il tempo sembra scaduto.
Luigi Di Maio ha avuto il merito nella sua ascesa e talento – gli va riconosciuto – di aver dato un contributo importante, fondamentale e mai avvenuto nella storia della Repubblica per un giovane politico di aver costruito un partito che da zero è passato al 32 %.
È fisiologico fare un passo di lato. Occuparsi di una sola cosa – è ministro degli Esteri – e farla bene.
Le spinte centrifughe e centripete nel Movimento 5 Stelle rischiano di far saltare tutto, d’implodere, di spazzare via quella speranza di cambiamento che in uno spirito civico ha messo insieme tante persone con storie e ideali diversi aggregandoli in un soggetto che ha la sua forza nell’essere orizzontale : uno vale uno.
Non c’è più tempo, occorre un bagno di umiltà e almeno per una volta fare il bene collettivo e non individuale.
Pier Paolo Milanese