Girano nelle ultime ore video e immagini del Presidente Giuseppe Conte che si commuove durante un’intervista mentre parla delle vittime dell’epidemia. Un paio di premesse brevi: quest’analisi non vuole essere una lusinga per questo o quell’altro apparato della politica, non è una critica né un sostegno per nessun gruppo governativo.
Questa è un’osservazione sulla trasmissione di informazioni, sui meccanismi che la comunicazione produce influenzando masse e modificando il genoma culturale di una nazione. La comunicazione non sfama le bocche e non cancella il coronavirus, però in un ambito amministrativo crea le basi intellettuali con cui ci si approccia alle mille sfaccettature delle oggettività sociali, all’ideazione di provvedimenti normativi, alle scelte politiche, al ruolo del nostro paese in Europa, perfino al concetto di rispetto.
Il fatto che al governo in questo momento ci sia un capo sobrio, che addirittura mostra un’eleganza made in Italy, che cura un lessico forbito e istituzionale ma allo stesso tempo semplice è una risorsa comunicativa di cui questa nazione aveva, ha e avrà molto bisogno.
Impossibile non fare parallelismi sullo squallore, sulla pressapochezza, sulla vomitevole capacità di sfruttare i drammi e le paure, sulle tattiche mediatiche povere d’animo con cui operano esponenti politici, operatori televisivi, e altri ancora. Vari, non uno soltanto, purtroppo tanti.
Il pro e il contro del carisma si è manifestato negli ultimi dieci anni nel modo più facinoroso possibile cavalcando le nuove forme di mass media, stabilendo nuovi criteri di moderazione dei toni, nella maggior parte di casi con scene tristi che declassano l’Italia al paese dei pagliacci.
Noterete quindi che non è vero che non conta la forma, conta, conta eccome. Perché quella forma, quella becera, se studiata a tavolino nei minimi dettagli riesce anch’essa a condizionare molte persone, a convincerle, a non mitigare controversie, è capace dunque di dare voce a corpi che si immedesimano perché colpiti alla pancia, nella più inconscia necessità di reazioni istantanee e non ragionate.
Nelle nostre case, con tutti questi comunicati video, avremmo potuto vedere in tv al posto di Conte o Mattarella dei veri mostri, che sviliscono e svendono la carica storica della presidenza italiana a maglioncini tematici, a divise indossate ad hoc, a sacri rosari sventolati in un vortice malsano di quella necessità di sentirsi il messia.
Un messia per una religione di poveri mentali. Il valore della forma è una capacità che va al di là delle scelte politiche, senza addentrarci in merito alle competenze. Per rendere equilibrata e credibile un’istituzione, per ottenere rispetto, continuità storica, necessita di protocollo e strutturazione simbolica come mezzi che ne determinano la funzione ed è grazie a questi parametri che i cittadini stabiliscono una forma diretta e indiretta di ascolto, di dedizione, nella più complessiva necessità di abnegazione dei ruoli di controllo volti a evitare devianze per un contenimento costante dell’ordine sociale.
Potevamo avere in questa fase dei veri mostri, e che a prescindere dal fatto che avrebbero svolto meglio o peggio il loro ruolo di comando e gestione della crisi, c’è di sicuro che sarebbero riusciti ad enfatizzare agli ennesimi livelli la povertà comunicativa, lo squallore pseudo intellettuale, e tutto il pressapochismo di un determinato linguaggio di cui da anni siamo pieni. Una nota di colore, un colpo di fortuna, da non sottovalutare in un momento storico in cui rischiamo davvero di farci dirigere da Cetto La Qualunque.
Amedeo Zeni