Bisogna stare molto attenti nel fare una valutazione perché non sempre (quasi mai) si hanno le competenze adatte per esprimere giudizi su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Anche nel caso di questa analisi.
Possiamo presumere che ci sia un rispetto delle norme così come possiamo dedurre che si stia sfruttando un’occasione a causa della distrazione di massa, dove in questo periodo tutte le attenzioni, le riflessioni e le reazioni ricadono sull’epidemia e i suoi risvolti.

Detta in parole povere, nessuno si erga a detentore della verità ma allo stesso tempo rimanga attiva l’attenzione sui rischi della scelta dei domiciliari per chi è in stato di 41 bis. La necessità era quella di attivare un monitoraggio delle strutture semidetentive capaci di rispondere agli standard di sicurezza e con la giusta efficienza sanitaria.
In tal senso, a quanto pare, il ministero della giustizia non è riuscito o non ha potuto attivare un programma preventivo per i detenuti a rischio. In poche parole il classico intoppo burocratico, la classica terribile lentezza di risposte e reazioni. Con le rivolte carcerarie e i problemi che queste hanno provocato non si è potuto organizzare nulla.
Presi in contropiede i magistrati di sorveglianza per legge sono obbligati, laddove non si vedono alternative nell’immediato, a ordinare scarcerazioni temporanee e quindi concedere arresti domiciliari presso abitazione dei soggetti in questione oppure indirizzare gli stessi in strutture che possono garantire cure efficaci.
Queste strutture però, spesso e volentieri non ci sono. In tal senso chiarisce bene il ragionamento Maria Falcone (la sorella di quel giudice lì con il quale lo Stato italiano rischia di infangarne la memoria): “È grande la preoccupazione che l’emergenza coronavirus possa essere sfruttata dai boss per uscire dal carcere e vedere commutata la loro condanna in detenzione domiciliare.
Ovviamente non è in discussione la libertà dei magistrati di sorveglianza di prendere le loro decisioni, sicuramente sempre dettate dal rispetto delle norme e della civiltà giuridica. Il timore è piuttosto che a rendersi complici dei criminali siano le inefficienze burocratiche e il mancato coordinamento tra i centri decisionali. Inefficienze che potrebbero avere conseguenze gravi non solo nei casi dei capi mafia al carcere duro ma anche per i detenuti mafiosi in alta sicurezza. Se ci sono falle nel sistema, vanno immediatamente trovati i rimedi.
Considerato che il sistema carcerario ha le strutture idonee ad assicurare cure efficaci per tutti i detenuti, comunque non si può consentire che, sia pure involontariamente, venga vanificato il 41 bis, che è stata e resta la misura più efficace per evitare che i boss continuino a tenere dal carcere le leve del comando dei clan.
Sul fronte della lotta alle mafie non sono tollerabili pressapochismi e inefficienze” (livesicilia.it). Ricapitoliamo: poiché non si riesce a curarli dentro i circuiti penitenziari con spazi idonei alla situazione si ritiene necessario mandarli a casa, con tutti i rischi che ovviamente la cosa comporta.
E continuiamo a dircela con tutta franchezza: la magistratura a tal punto non può rispondere diversamente alle istanze ma uno Stato che non riesce a risolvere un disastro di tale portata, a conti fatti, quanto può essere credibile? Quanto può essere affidabile un sistema che non è in grado di tutelarci in una situazione del genere? Forse non c’è la reale percezione di cosa comporti riportare a casa questo tipo di detenuti?
La domanda è retorica. La percezione c’è ma non c’è la capacità di affrontare soluzioni alternative. Durante la sua partecipazione alla trasmissione di Lilli Gruber, Otto e mezzo, Nicola Gratteri, capo della Dda di Catanzaro, riguardo alla possibile scarcerazione dei detenuti, ha evidenziato: “Una cosa simile non dovrebbe neppure affiorare nel subconscio di chi ci governa.
Contro il coronavirus si è più al sicuro in carcere che fuori, visto che su 62mila detenuti in Italia finora si sono registrati solo 50 casi di Covid-19. Bisogna essere più rigorosi”, aggiungendo inoltre “che ci vuole a costruire quattro carceri da 5000 posti?”. Già, che ci vuole? Come ci siamo arrivati al punto di non ritorno secondo cui il dibattito ora è diventato 41 bis sì, 41 bis no. Ma sì, ma che fa? Ma vanifichiamo pure il lavoro fatto dal periodo stragista in poi! Qui non si tratta di rimarcare l’ovvio con “la legge è uguale per tutti”, qui si tratta di mettere in pratica l’insegnamento degli eventi passati.
A questo punto quanto sono lontane le idee ai limiti del complottismo secondo cui dietro questi marchingegni ci siano scelte mafiose per favorire la spartizione delle torte in vista degli arricchimenti possibili nell’epoca post coronavirus? Ricordiamoci, ad esempio, che la così detta camorra s.p.a., la camorra imprenditoriale, nacque dopo il terremoto dell’Irpinia con i fiumi di miliardi che circolarono nell’epoca della ricostruzione.
In questo caos ci viene in soccorso il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho : “Il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema economico finanziario è alto e su questo terreno vanno potenziati i meccanismi di controllo per individuare soggetti potenzialmente pericolosi. E’ essenziale – ha proseguito Cafiero De Raho – che si introduca in sede di conversione del Dl liquidità un altro strumento, la tracciabilità dei flussi finanziari, una norma già introdotta sugli appalti delle opere pubbliche, in base a cui tutti i movimenti finanziari devono essere registrati su conti correnti dedicati e la movimentazione di denaro deve avvenire esclusivamente con bonifico bancario o postale per consentirne la tracciabilità”.
“Inoltre c’è l’esigenza della conoscenza dell’organigramma dei soggetti economici che richiedono finanziamenti, con nomi cognomi e codici fiscali dei componenti dell’imprese e delle società. E’ condivisibile l’accesso al credito con binario parallelo di controllo, ma sia un controllo serio a 360 gradi, che consenta di approfondire ogni singola posizione: i tempi dipenderanno anche dalla priorità negli interventi e dagli accertamenti che verranno effettuati per scaglioni, a seconda dell’ampiezza del finanziamento, senza dimenticare che la Direzione nazionale antimafia dispone nella lotta alla mafia sia del servizio centrale della PS sia dei Carabinieri sia della Gdf”.
“Questo lavoro di raffronto la direzione nazionale già lo esplica per segnalazioni di operazioni sospette antiriciclaggio, che sono oltre 100 mila l’anno”. Inoltre la notizia di stamattina è una speranza dal pugno di ferro: Il decreto legge anti-boss di Alfonso Bonafede è pronto. “Nei limiti della Costituzione”, spiega il ministro della Giustizia, perché il governo non può imporre ai giudici nessuna decisione. Il decreto inserirà degli obbligatori via libera dati dai procuratori antimafia.
E anche la Procura nazionale di Cafiero De Raho dovrà esprimersi sulle richieste di scarcerazione che con l’emergenza virus si sono moltiplicate. Ben venga! Forse non è ancora del tutto chiaro, stiamo parlando di assassini non pentiti, l’attenzione deve essere altissima, stiamo parlando di pezzi da novanta che hanno contaminato la nostra economia negli ultimi trenta anni, stiamo parlando di soggetti che hanno garantito trattative tra stato e criminalità.
Qui la scala delle priorità è sotto gli occhi di tutti: ogni anziano detenuto e malato è stato mandato a casa? Magari invece tutta questa è una situazione ghiotta per ristabilire “finalmente” nuovi assetti mafiosi? Ai posteri l’ardua sentenza, noi chianiam la fronte alla legge, ma mai all’accettazione che tutto questo sia possibile, concepibile, perché diversamente dovremmo ammettere un fallimento immenso, dovremmo decidere di dimenticare cosa hanno comportato quelle mafie, morti compresi.
Tutto quel sangue che certe volte, in modo davvero insopportabile, i giustizialisti dimenticano quando parlano di incompatibilità costituzionale e cose simili. L’arma del 41 bis ha salvato il salvabile, semmai ciò che è disumano è l’incapacità statale di creare spazi penitenziari dignitosi per questo benedetto 41 bis. Tutto il resto è relegato nella retorica, chi ha commesso stragi, paghi o quanto meno collabori con la giustizia. Punto.
Amedeo Zeni
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