Quasi 18mila firme, numeri destinati ad aumentare, raccolte per la petizione “Salviamo la Whirlpool di NAPOLI”, lanciata sulla piattaforma Change.org, la fabbrica di via Argine che la multinazionale americana ha intenzione di chiudere.
“Mi chiamo Luciano, sono di NAPOLI, ho 52 anni e dal 1986 lavoro in questa fabbrica, la storica Ignis fondata da Borghi, poi diventata Philips e dagli inizi anni ’90 Whirlpool”, si legge nell’appello che chiede di aderire alla petizione al seguente link
Luciano Doria è solo uno degli oltre 400 operai della fabbrica, che rischia di restare senza lavoro e che fa parte di una vertenza che va avanti ormai da oltre un anno. Gli operai sono tornati in fabbrica alla fine dello scorso mese di aprile, dopo lo stop imposto dal lockdown per l’emergenza coronavirus. E oggi si riaccende la richiesta di salvare il sito produttivo di Napoli est.
“Insieme da oltre un anno lottiamo uniti contro la chiusura dello stabilimento che permette a noi e alle nostre famiglie di sostenersi – è scritto nella petizione – Le risposte che aspettavamo, però, non sono mai arrivate, e ad oggi l’azienda continua a dire che il 31 ottobre smetterà di produrre”.
“Oggi, con l’uscita dalla pandemia che si prospetta ancora lunga e la ripresa dell’economia difficile – è spiegato – le conseguenze dell’inerzia dei decisori sarebbero ancora più catastrofiche per tutti. Come rispondono le istituzioni, che dovrebbero tutelare prima di tutto i diritti di tutti i cittadini?”.
Gli operai chiedono all’azienda anche una risposta in merito alla disponibilità espressa dall’Università Federico II di Napoli a utilizzare il sito industriale come luogo di ricerca e sviluppo per gli studenti di Ingegneria, coadiuvati dalla Apple Academy, per “innovare il prodotto e consentire alla fabbrica di non chiudere”.
“Siamo persone, e oggi più che mai pretendiamo di essere ascoltati – si legge ancora nell’appello – Abbiamo condiviso tanti momenti e giornate, siamo una comunità, tra di noi vi sono coppie che si sono incontrate in fabbrica, e che sono diventate una famiglia”.
“Siamo orgogliosi di questo lavoro – concludono gli operai . che ha sempre dato un contributo di qualità alla produzione industriale fatta in Italia e nel nostro territorio”