Whirlpool, in piazza la rabbia operaia

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Stop al piano B. I lavoratori della Whirlpool e i sindacati chiedono al Governo di far rispettare gli accordi siglati nell’ottobre 2018 e di far continuare a vivere lo stabilimento di Ponticelli nell’area orientale di Napoli e la produzione delle lavatrici. Tutti gli stabilimenti della Whirlpool in Italia sono in agitazione e accanto allo stabilimento partenopeo.

Qui il 31 ottobre sarà dismessa la produzione e 420 dipendenti più l’indotto resterà senza lavoro.

“La vicenda Whirlpool è emblematica perchè dimostra quanto l’assenza di politiche industriali, di un intervento deciso ed efficace del Governo mette a serio rischio un sito produttivo che è di qualità e che, anche dopo le ultime vicende, dimostra di poter avere un mercato” ha sottolineato il segretario generale della Cgil di Napoli, Walter Schiavella, che ribadisce il sostegno di Cgil, Cisl e Uil alla vertenza.

In piazza a più riprese è stato intonato quello che è ormai lo slogan dei lavoratori Whirlpool: ‘Napoli non molla’ stampato anche sulle magliette indossate dai lavoratori.

La parola d’ordine è ”dare prospettive ai lavoratori” – come ribadito da Barbara Tipaldi, segretaria nazionale Fiom Cgil che ha aggiunto: ”Serve un lavoro vero. Chiediamo al Governo di non distribuire soldi a imprenditori improvvisati. E’ necessario dare un futuro produttivo a tutto il gruppo Whirlpool in Italia che oggi è in sciopero in tutti gli stabilimenti, ed in particolare al sito di Napoli per scongiurare la desertificazione industriale nel Sud del Paese”.

Tra striscioni e bandiere dei sindacati, si è alzato il grido dei lavoratori esasperati dalle incertezze.

Nell’ultimo incontro al Mise – spiegano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, e Antonello Accurso, segretario generale Uilm Campania – ci è parso chiaro che il Ministero non solo non abbia accolto i nostri suggerimenti, volti a indurre la multinazionale a rilanciare gli investimenti a Napoli e in Italia, ma abbia addirittura assecondato la posizione aziendale provando a propinarci l’ennesima fantasiosa reindustrializzazione che servirebbe solo a edulcorare la chiusura della fabbrica partenopea”.

Lavoratori di via Argine che come ricordato da Vincenzo Accurso (Uilm), ”sono stati chiamati a lavoro durante l’emergenza Covid quando tuti erano a casa per proteggersi, se eravamo importanti in quella circostanza lo dobbiamo essere sempre”.

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