Ogni mese percepiva un vitalizio di 600 euro perchè riconosciuta come familiare di una vittima innocente della criminalità. Cioè una persona che non aveva alcun legame con la criminalità organizzata ne tanto meno i suoi parenti. e disposizioni sono non a caso rigidissime. Però la realtà non era questa.
La beneficiaria almeno una volta a settimana, con la figlia, anche lei beneficiaria del vitalizio, andava a visitare in carcere, nel reparto di Alta sorveglianza del carcere napoletano di Secondigliano, uno dei boss del clan Gionta che da 4 decenni domina gli affari criminali nella zona di Torre Annunziata.
È stata la Guardia di Finanza a seguito di circostanziati accertamenti a risalire ai contatti esistenti tra quella donna e il capoclan Pietro Izzo, condannato per traffico di droga, trasferimento fraudolento di beni (fu trovato con 150 mila euro in auto), che da gennaio del 2017 è nel carcere di Napoli-Secondigliano per 416bis, rapina ed estorsioni.
La donna è Marina Ermenti, vedova di Antonio Frizzi, che il 26 agosto del 1984 trovò la morte nella cosiddetta strage di Sant’Alessandro, quando uomini della cosca di Bardellino massacrarono i Gionta nella guerra per i traffici di droga: otto morti e sette feriti.
Frizzi all’epoca non venne ritenuto contiguo a nessun clan e per questo nel 2002 a Marina Ermenti e alla figlia Anna Frizzi, fu riconosciuto il vitalizio.
Nel 1999 Anna Frizzi sposò Izzo e per continuare a prendere il vitalizio ha simulato una finta separazione nel 2010, dato che lo andava a trovare con in carcere, sia perchè nel 2017 i due hanno avuto una figlia.
Il sequestro di 166 mila euro è il corrispettivo dei soldi percepiti indebitamente da Anna Frizzi dal 2006 (data della prima sentenza di condanna di Izzo) in poi.
“Al di là della gravità del fatto in sé, è necessario procedere sul piano normativo affinché vengano giustamente tutelati i tanti familiari di vittime innocenti della criminalità che incontrano, ai fini dell’ottenimento del vitalizio, numerosi ostacoli pur essendo del tutto estranei a clan di camorra. Davvero indigna scoprire con quanta leggerezza e facilità, per tanti anni, la moglie e la suocera di un boss di camorra abbiano percepito indebitamente somme che sarebbero dovute andare a beneficio di persone veramente innocenti” tuona Paolo Siani, deputato del Partito democratico.
Anche Carmen Del Core, presidente del Coordinamento campano familiari delle vittime innocenti della criminalità si dice indignata.
“Si tratta di uno schiaffo alla memoria dei nostri cari e al loro sacrificio. Ed è reso ancora più violento dal fatto che tanti innocenti, che realmente avrebbero diritto al vitalizio previsto dalla legge, incontrano sul loro cammino ostacoli burocratici insormontabili, che rendono impossibile il godimento dello stesso. Ma noi non ci arrendiamo, anche se in situazioni come questa la tentazione di cedere sarebbe naturale” -sottolinea Del Core – che assicura: “Continueremo a portare avanti il nostro impegno per una reale tutela giuridica di tutte le vittime innocenti della violenza criminale e per far sentire la nostra voce, che deve essere più forte degli spari dei clan”.
“Più volte abbiamo chiesto aiuto agli apparati preposti, chiedendo un equilibrio ma nonostante i nostri dossier consegnati, discussi ed alcuni volti gridati, non abbiamo ottenuto risposta alcuna. Speriamo ora che la notizia di cronaca di un errore che mai sarebbe dovuto capitare, aiuti i designati funzionari ad agire con coscienza e a tutela di chi lo merita” – afferma in una nota il Comitato Don Diana -.
Sulla stessa linea la Fondazione Polis della Regione Campania : “Il nostro primo e unico pensiero va ai familiari di tutte le vittime innocenti della criminalità che non hanno mai goduto dei benefici previsti dalla legge per via di parentele o affinità con persone coinvolte in fatti criminali di cui spesso le stesse vittime ignoravano persino l’esistenza”.