Aggiustamenti tecnici che potevano essere discussi nelle sedi opportune come è giusto che sia.
È amareggiato il premier Giuseppe Conte alla fine dell’incontro con Luigi Di Maio, suo ministro degli Esteri e leader del M5S. Gli attacchi screanzati e urticanti di questi ultimi giorni del capo politico dei Pentastellati hanno lasciato l’amaro in bocca al premier.
Un fuoco amico inutile, strumentale e poco funzionale all’equilibrio dell’alleanza all’interno dell’esecutivo. Per giunta alla vigilia del voto in Abruzzo e in coincidenza con la manifestazione che ha ricompattato il centro-destra.
Il presidente del Consiglio si aspettava le stoccate di Matteo Renzi e della sua Italia Viva nella tre giorni della Leopolda. Ma davvero non aveva previsto il cannoneggiare di Di Maio. Conte ha il sospetto che Di Maio abbia ingaggiato uno scontro interno che nasconde altro ovvero il timore, il terrore, la paura di perdere la leadership del Movimento.
Chi era con lui alla Mostra d’Oltremare a Napoli per la Festa nazionale Italia 5 Stelle confida di un Di Maio nero anzi nerissimo d’umore. Il numero uno grillino non ha gradito un’arena flegrea protesta tutta per Beppe Grillo e in visibilio per Giuseppe Conte. È un uomo afflitto, insolato e progressivamente non più al centro della scena Luigi Di Maio.
I big gli stanno facendo la guerra e lo spettro di Conte come nuovo leader non è un presentimento è ormai realtà. Mentre sorseggiavano il caffè, Conte a tu per tu con Di Maio gli ha detto che lui dopo l’esperienza di governo tornerà ad insegnare perchè la sua è una parentesi per dare una mano al Paese.
E poi sempre Conte parlando senza filtri si è lamentato per gli attacchi. Insomma, bastava una telefonata e tutto sarebbe stato chiarito. Invece si è scelta l’ammuina in un momento sbagliato per predere la scena e rilanciare una leadership logora.