Avrebbero imposto per conto del clan camorristico Belforte l’installazione di decine di slot machine in quasi tutti i bar di Maddaloni (Caserta), controllando il settore in situazione di oggettivo monopolio.
Un intera famiglia di imprenditori, i M. di Maddaloni, ritenuta collusa con il clan Belforte di Marcianise, si è vista oggi confiscare una parte del suo patrimonio per un valore di 300mila euro, in particolare due società individuali e un’auto.
Il provvedimento è stato emesso dal tribunale di Napoli ed eseguito dai finanzieri della Compagnia di Marcianise nei confronti di due prestanomi dei M., cui questi ultimi si sono rivolti dopo i primi sequestri; gli imprenditori maddalonesi hanno infatti continuato ad esercitare la propria attività illecita per conto dei Belforte anche dopo i tanti provvedimenti giudiziari che li hanno colpiti.
A marzo 2018, l’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli coinvolse il capostipite dei M., il 68enne Vincenzo, solo indagato, i suoi sei figli, tutti finiti in carcere tranne uno per vari reati con l’aggravante mafiosa, e altri tre imprenditori che si erano prestati a fare da prestanome; per quest’ultimi il Gup di Napoli ha riconosciuto la colpevolezza al termine del giudizio abbreviato, comminando condanne dai 2 ai 4 anni e disponendo la confisca dei beni che si erano intestati riconducibili ai M..
È stato assolto invece proprio il capofamiglia Vincenzo M., unico della sua famiglia a scegliere il rito abbreviato, mentre i figli, tutti ancora sottoposti a misure restrittive della libertà, hanno optato per il rito ordinario. L’indagine di due anni fa portò anche al sequestro di 130 slot in 22 bar e locali di Maddaloni; gli apparecchi sono stati anche distrutti poco tempo fa.
Vincenzo M., già nel 2016, subì la confisca di prevenzione di beni e della sua società di slot machine per un valore totale di 5 milioni di euro; nonostante i sigilli e l’amministrazione giudiziaria cui fu sottoposta la sua società, l’attività è appunto proseguita con i prestanome.