Finisce l’era del cardinale Crescenzio Sepe a Napoli. L’arcivescovo originario di Carinaro in proroga da più di due anni lascia la Curia partenopea.
Già l’8 dicembre in occasione della Festa dell’Immacolata erano stati in molti a capire che ormai il cambio della guardia era vicino.
Domani alle 12 presso palazzo Donnaregina sono stati convocati i parroci decani per un importante annuncio che riguarda la diocesi di Napoli.
Salvo clamorose sorprese toccherà a monsignore Domenico Battaglia, attualmente vescovo di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti, assumere la guida della chiesa di Napoli. Una scelta voluta, imposta da Papa Francesco per dare una scossa alla Curia partenopea.
Avviare una nuova evangelizzazione che guardi all’umanesimo e alle fragilità. Non c’è più tempo. La chiesa chiusa di Crescenzo Sepe non è la chiesa vissuta da Papa Francesco.
All’ombra del Vesuvio, il Santo Pontefice vuole una chiesa missionaria, una chiesa diversa, una chiesa aperta e inclusiva, una chiesa caritatevole e dalla parte degli ultimi. Meno appariscente e più concentrata sulle ferite della città. Una rivoluzione.
Domenico Battaglia, è il nome che da tempo corrisponde all’identikit immaginato da Papa Bergoglio. Originario di Satriano, piccolo comune della provincia di Catanzaro, 58 anni e un percorso cominciato con l’ordinazione a sacerdote avvenuta il 6 febbraio1988 dall’arcivescovo Antonio Cantisani.
Non indossa lo zucchetto rosso porpora. La scelta non è casuale. Un uomo semplice e schierato dalla parte degli ultimi. Battaglia non è uomo di potere, non è legato agli apparati del Vaticano, nessuno scheletro nell’armadio sacro. Insomma, per carattere e opere non ha nulla a che vedere con lo stile pomposo e la storia curriculare del Sepe d’Oltretevere.
Quando Sepe fu nomina arcivesco, l’ex sindaco Rosa Russo Iervolino, a taccuini chiusi, commentò con una battuta tagliente: “Finalmente Napoli avrà un importante e qualificato operatore economico”.
Napoli ha bisogno di un pastore umile, una guida saggia, che possa sostenere l’azione di tanti parroci che, in questi tempi cupi, con forza, abnegazione e sacrificio stanno accudendo e sostenendo una umanità dolente e dilaniata dalla povertà e dall’emergenza sanitaria.
A Napoli i disastri economici, sociali della pandemia rischiano di travolgere tutto e tutti. Adesso è il momento di ricostruire, serve una chiesa più vera, credibile, trasparente e dalla parte dei più deboli.
Il cardinale Crescenzio Sepe esce di scena forse con il rimpianto che questa scelta doveva essere effettuata già due anni fa.
Da oltre due anni Sepe era in proroga nonostante i raggiunti limiti d’età.
Fu papa Benedetto XVI che il 20 maggio 2006 lo nominò arcivescovo di Napoli: Una sorta di penitenza-punizione imposta da Ratzinger dopo gli sfarzi e gli anni trascorsi da manager all’ombra di Papa Giovanni Paolo II.
Papa Francesco vuole una chiesa povera, umile, senza effetti speciali, comizi, marketing esasperato, premi autocelebrativi e autoreferenzialità.
Ci sarà molto da lavorare a Largo Donnaregina occorre bonificare le troppe incrostazioni di questi anni. Capovolgere la visione, schierarsi e curare le anime martoriate e le ferite di Napoli e dei napoletani.
Arnaldo Capezzuto