Due bare bianche, fiori, silenzio, lacrime e singhiozzi. La folla che spinge e invade la navata centrale della parrocchia del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore in via Flaminia Vecchia, a Roma. I feretri di Gaia e Cammilla, l’uno accanto all’altro. Insieme in quest’ultimo viaggio. Unite nella tragica morte violenta. Falciate sabato notte 22 dicembre – da un Suv.
Decedute sul colpo a seguito dell’impatto. Lui, Pietro Genovese, 20enne, figlio di Paolo, il regista famoso e delicato nel raccontare storie e vite, è l’investitore. Si è fermato. Ha cercato di soccorrere le due ragazze. Mano nei capelli. Disperazione e quasi paralizzato ha atteso le forze dell’ordine.
Il giudice l’ha temporaneamente autorizzato a lasciare Roma per l’Abruzzo. È li che si è rifuggiato per qualche giorno poi l’ordine di custodia ai domiciliari a Roma. Il giudice nel provvedimento sottolinea: può reiterare il reato.
Il rampollo dal cognome famoso si è come svegliato da un sonno. Già in passato aveva avuto problemi alla guida dell’auto tanto è vero che ebbe la decurtazione dei punti e il ritiro della patente.
Alla guida di un Suv, sabato notte, non ha avuto la prontezza di evitare le due 16enni che incautamente hanno attraversato nel buio con il semaforo rosso e lontano dalle strisce pedonali corso Francia, strada a scorrimento veloce. Appunto i riflessi che Pietro Genovese non aveva perchè aveva nuovamente bevuto e forse fumato.
Disperazione, dramma, tragedia. Quelle bare bianche sono l’atto più innaturale, abnorme, sconvolgente che può accedere nell’esistenza umana. Fiori strappati dal prato della vita. Destino infame. La grande maledizione. Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, compagne della Terza C del liceo linguistico De Sanctis e amiche.
Don Gian Matteo Botto è teso. Le parole a volte servono a poco e neppure il conforto del Vangelo riesce a lenire il dolore. C’è un male oscuro che assale e un senso profondo di morte che pervade e invade.
“Siamo abituati a vivere tra tecnologie e innovazione eppure brancoliamo nel buio ed è quello su cui dobbiamo riflettere: su questa ora buia” – spiega dall’altare – da giorni ci chiediamo il perché. Ci interroghiamo sull’insensatezza di quanto accaduto. Brancoliamo nel buio. Ecco, quello di oggi é il grande abbraccio che diamo ai genitori di Gaia e Camilla, in questa ora così buia”.
Il punto lo indica Don Gian Matteo Botto quando nell’omelia accusa: “Il senso della vita, lo aveva chiesto giorni fa Camilla alla sua famiglia. Ecco, magari quando sei sbronzo o sei fatto ti metti a guidare? Questa è la vita? In fondo ci sentiamo onnipotenti e poi non riusciamo a seguire le regole base della convivenza. Ci riscopriamo tutti un po’ palloni gonfiati. Il senso della vita non è bere e fumarsela”.
Al termine della funzione ha preso la parola anche la zia di Gaia: “Camilla e Gaia non ci hanno lasciati. Sono nel vento, nel profumo dei fiori, la loro voce è nel canto degli uccelli. Hanno raggiunto i nostri avi e riposeranno con loro”.
Serrande abbassate, passa il corteo funebre, i feretri di Gaia e Camilla, le lacrime dei residenti, l’abbraccio di Roma a due ragazze che volevano solo provare a realizzare i propri sogni.