Le riflessioni sociologiche di Amato Lamberti, il Professore campano morto nel 2012, si basavano sull’assunto che la consapevolezza della responsabilità individuale è un processo necessario per poter generare una contaminazione benevola dell’etica, della condivisione e dell’impegno civile, affinché il benessere comune possa crescere grazie alla tenacia di ognuno.
Devono agire con responsabilità le amministrazioni comunali, quelle statali, gli uffici pubblici, ogni singolo cittadino, solo in questo modo potrà rimodellarsi una struttura comportamentale capace di fabbricare la cultura della legalità.
Per combattere la camorra, penoso cancro di questo territorio, bisogna agire sugli atteggiamenti quotidiani del singolo individuo rendendosi consapevoli e utili, in armonia però con i provvedimenti concreti della classe politica. Il Sociologo, intuì per primo, ormai molti anni fa, quanto politica e camorra vivessero in una simbiosi tossica per la crescita della Campania.
“La mafia non è importante perché fa crimini, ma perché tende a sostituirsi allo stato. La lotta alla mafia è la lotta a un sistema che tende a sostituirsi allo stato, che tende a farsi stato, e quindi a decidere ciò che invece dovrebbe decidere lo stato. Questa è la pericolosità”.
Lo spiegava così, in modo semplice e diretto, chiarendo all’opinione pubblica che senza il consenso politico ogni forma di contaminazione camorristica si estinguerebbe. In troppi casi, questa simbiosi è ancora viva e operativa.
Ricordare oggi quest’uomo, significa proporre alle nuove generazioni un punto di riferimento moderno, un esempio di trasparenza politica e intellettuale legato all’idea che per cambiare le cose bisogna agire in prima persona con i mezzi, le opportunità, i talenti, a disposizione di ognuno di noi. Un modello possibile che può e deve influenzare in modo costruttivo il mondo di quei tanti ragazzi che sentono viva la necessità di alzare la testa dall’insopportabile chiasso dell’ignoranza.
Amato Lamberti è stato docente di Sociologia della devianza e della criminalità presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove, seguito e stimato da generazioni di studenti ai quali sapeva trasmettere l’energia dell’impegno sociale, ha creato gruppi di studi per osservare le infiltrazioni camorristiche in tutte le amministrazioni comunali, occupandosi inoltre di svariate ricerche sociologiche innovative dove riusciva, attraverso l’osservazione, a delineare le caratteristiche sommerse dei tanti disagi del meridione, dalla devianza minorile ai mille volti delle mafie.
Ha fondato e diretto l’Osservatorio sulla Camorra e le illegalità della Fondazione Colasanto, creando una prima antologia di ricerche sulla camorra, pubblicando nomi e cognomi di boss e politici corrotti. Moltissimi giornalisti hanno seguito le sue lezioni, tra i tanti anche Giancarlo Siani.
Fu il fondatore dei Verdi in Campania, convinto ambientalista e promotore delle nuove tecniche di energia alternativa.
L’esperienza politica si è distinta per la trasparenza: “La camorra è diventata ‘sistema’ al quale partecipano dipendenti della Pubblica Amministrazione, imprenditori, politici. Si combatte con la trasparenza. Se c’è camorra nei Comuni, i politici non possono non sapere. Pensare alla camorra come organizzazione criminale non aiuta a capire i problemi. La camorra è una lobby politico-imprenditoriale-criminale che controlla l’economia e le pubbliche amministrazioni in Campania” (Lamberti, 2006).
È stato Assessore alla Normalità del Comune di Napoli, dal 1993 al 1995, e Presidente della Provincia di Napoli, dal 1995 al 2004. I suoi assessori non hanno mai avuto le auto blu, dando egli stesso l’esempio spostandosi da casa in ufficio con la sua auto o con i mezzi pubblici.
Ha risanato la Provincia in quattro anni pagando tutti i debiti contratti dai suoi predecessori; ha cacciato i camorristi dall’amministrazione e dagli appalti della Provincia; ha costruito quaranta nuove scuole che hanno permesso a più di cinquantamila giovani di frequentare gli Istituti Superiori; ha aperto sei nuovi Istituti Alberghieri che hanno dato formazione e lavoro a più di seimila giovani; ha promosso in tutte le scuole, in tutti i Paesi, su tutto il territorio, una lotta costante alla camorra e al malaffare, esponendosi in prima persona, senza chiedere nessuna protezione, anche quando le minacce gli sono state rivolte personalmente e pubblicamente.
È stato autore di libri, articoli giornalistici di denuncia, ricerche e saggi su fenomeni di delinquenza. Pochi giorni prima di morire era a lavoro all’Università, dimagrito e claudicante, per correggere le tesi dei suoi ragazzi. In quei mesi non disse a nessuno che era molto malato. Un esempio da seguire, tutt’oggi.
Amedeo Zeni